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8 MORTI IN 6 GIORNI PER INCIDENTI SUL LAVORO
2014-10-03

8 MORTI IN 6 GIORNI PER INCIDENTI SUL LAVORO

La tragica ultima settimana di settembre

Napoli, Arezzo, Taranto, Belluno, Cremona, Ravenna.

Solo tra il 24 e il 30 settembre sono stati 6 gli incidenti mortali avvenuti in Italia sui luoghi di lavoro, per un totale di 8 vittime. È bastata una svista, la troppa leggerezza, forse un po’ di negligenza e poca consapevolezza e un cantiere, una chiesa, una strada sono diventati scenografie di ulteriori drammi. Situazioni di rischio e di pericolo diverse, che si sono evolute tutte nello stesso tragico finale.

È successo a Raffaele di Francesco, 56 anni, travolto dal crollo di un solaio che ha ferito altri due suoi colleghi a Portici (NA). A Safet Sejfuli, 30 anni, boscaiolo, morto travolto da un masso che l’ha scaraventato in fondo a una scarpata a Talla (AR). A Cataldo Pagliarulo, 41 anni, dopo aver urtato la testa cadendo da un camion della nettezza urbana a Taranto. A Loris De Faveri, 40 anni, morto mentre era impegnato nel rifacimento di una chiesa, a Mel (BL). E ancora a Francesco Lissignoli 48 anni e Giuseppe Vezzoli 54, morti travolti dal crollo di un silos a Bonemerse (CR). E infine anche a Matteo Buscherini 35 anni e Davide Bellini 36, morti dal crollo di un pilastro di un capannone a Cotignola (RA).

Otto decessi nel giro di sei giorni, un numero incredibilmente alto, che non può lasciare indifferenti. Intanto, sul fatto che le “morti per lavoro” non possono continuare a essere considerate solo spiacevoli, tragici eventi. Non possono semplicemente essere annoverate nella sfera delle circostanze possibili. Eliminare qualsiasi situazione di rischio, è impossibile. Ma la legge, la formazione e anche il buon senso offrono utili strumenti per ridurre sensibilmente il numero degli incidenti mortali.

Ma riflettere anche su quanto ancora evidentemente ci sia da fare in Italia in termini di investimento nella sicurezza e nella formazione. Molto è già stato fatto, dal legislatore e dagli imprenditori di buon senso, che rimboccandosi le maniche hanno compreso il valore aggiunto che garantire la sicurezza dei propri dipendenti restituisce. Ma resta ancora molto da fare, per migliorarsi, per ridurre quantomeno il numero degli incidenti, non solo di quelli mortali, ma anche di quelli che lasciano il segno di una disabilità, che ledono la dignità e i diritti dei lavoratori, persino di quelli mancati.

Le imprese non hanno ancora pienamente realizzato i vantaggi che potrebbero trarre dal un investimento in formazione sulla sicurezza, vantaggi che sarebbero anche economici. D’altro canto, molti lavoratori sembrano ancora preda di un retaggio culturale tipicamente italiano, che li porta a credere che le cose, quelle brutte, capitano solo a chi non sa lavorare e non piuttosto a chi lavora in condizioni rischiose. Informarsi, formarsi, diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro, tra gli imprenditori come tra i lavoratori, sono le coordinate essenziali per tornare a mettere l’individuo al centro dell’azienda, tornare a considerarlo il vero motore del sistema industriale contemporaneo. Per non dover più leggere di morti e tragedie sul lavoro. La sicurezza sul posto di lavoro è un diritto inviolabile. Anche un solo decesso per inadempienza delle norme che la tutelano è una sconfitta per qualsiasi paese che si considera civile.

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