Ergonomia, dispositivi mobili, patologie... e qualche consiglio!
Blackbarry Thumb, iPod Finger, Nintendinitis, Winjuries. Termini bizzarri che sono però diventati presto ricorrenti nella letteratura medico scientifica relativa alle malattie professionali derivate dal prolungato utilizzo di mezzi di comunicazione portatili. Concludiamo con questo articolo il ciclo di testi in merito al nuovo sproporzionato rapporto che si sta instaurando tra i dispositivi mobili di ultima generazione e lo studio dell'ergonomia.
COLLO DA SMARTPHONE
La postura adottata dalla maggior parte degli utilizzatori di computer portatili e ancora di più da coloro che usano tablet e smartphone è quanto di meno ergonomico possa esistere, e per tanto li espone a rischi di dolori cronici alla schiena e al collo. La tendenza è quella di stare in piedi o seduti, ma comunque protratti con la testa e il collo verso il dispositivo, piegando il collo e la schiena in avanti in maniera innaturale per guardare lo schermo. Qualunque attività comporti il mantenimento per lunghi periodi di tempo del collo piegato o della testa protesa in avanti provoca patologie al collo.
A causa dell’incremento di queste malattie professionali, ai lavoratori che ricorrono al laptop e al tablet dovrebbe essere garantito dai propri datori di lavoro lo stesso livello di ergonomia di cui un tempo godevano i lavoratori che svolgevano le loro attività dalle postazioni tradizionali in ufficio. Una soluzione è, ad esempio, quella di ricorrere a un supporto multilivello per sorreggere il dispositivo, così che possa essere regolata la sua altezza e la sua inclinazione in funzione delle particolari caratteristiche dell’utilizzatore, che può così posizionarlo nel modo più ergonomico possibile per sé, favorendo una frontalità tra lo schermo e la linea dei propri occhi.
LESIONI DA SFORZO RIPETUTO
Le patologie dovute al mantenimento di posture errate dipendono, dunque, anche da un uso smodato dei nuovi dispositivi di comunicazione digitali portatili. Queste lesioni, che vanno dal “BlackBarry Thumb” all’“iPod Finger”, dal “Wiinjuries” al “Nindendinitis”, tradizionalmente sono conosciute come Sindrome del Tunnel Carpale, Sindrome di Quervain e Sindrome del Pollice a grilletto (o “a scatto”). I sintomi che prova chi si ammala di queste patologie consistono in dolore e indebolimento del pollice e possono portare, alla lunga, fino a una condizione di disabilità. Chiaramente gli effetti sono più evidenti negli utenti più anziani, generalmente – per motivi generazionali – più suscettibili a infiammazioni e dolori articolari.
Quando le persone usano un portatile solitamente si preoccupano di regolare lo schermo – nella maggior parte dei casi per ridurre i riflessi delle luci circostanti – mentre continuano a ricorrere alla tastiera in dotazione. Come risultato, le persone sono molto più predisposte a sporgere la testa in avanti, incurvare la schiena e sfruttare solo la parte anteriore della seduta, così da poter leggere meglio anche caratteri molto piccoli o focalizzarsi sulla realizzazione di operazioni complesse o lo spostamento di dati col cursore.
Per ridurre la possibilità di sviluppare patologie, gli esperti di ergonomia consigliano ai lavoratori di prendersi regolari pause dall’uso del dispositivo tecnologico, specialmente quando percepiscono dolore o indolenzimento di alcune aree del corpo. È inoltre buona prassi quella di ricorrere a tutti gli applicativi disponibili per ridurre il contatto con la tastiera, come i comandi vocali o i componenti di autotext (auto scrittura, autocorrezione, altro) e magari ricorrere anche, quando possibile, alle abbreviazioni durante la composizione di testi o messaggi. Coloro che fossero interessati da problemi lavoro correlati preesistenti, dovrebbero evitare l’uso eccessivo di dispositivi mobili elettronici e affidarsi all’assistenza sanitaria il prima possibile, per evitare il peggioramento delle proprie condizioni di salute.
L'IMPORTANZA DELLA LUCE
L’impigrirsi e la spossatezza possono essere conseguenza anche di una cattiva illuminazione dell’area da lavoro e di una scarsa esposizione del corpo alla luce naturale. La Figueiro ritiene che luci fisse, non regolabili in intensità e l’assenza di finestre possono compromettere di molto la produttività di un lavoratore. Per spiegarlo meglio prende ad esempio l’equipaggio di un sottomarino. La prolungata esposizione a luci fortissime e brillanti rende il distinguere le ore di giorno da quelle di buio molto difficile per il corpo umano – se lasciato a se stesso -, dandogli la sensazione di poter continuare a lavorare anche per ventiquattro ore consecutive. Le ore di sonno vanno così a sovrapporsi a quelle di lavoro, e non è mai il momento del riposo, dello stacco dall’attività per ristorarsi. In maniera analoga, lo stesso avviene anche negli uffici, all’interno dei quali i nostri corpi sono esposti a continue e prolungate radiazioni luminose artificiali. Per ripristinare l’orologio biologico del corpo è importantissimo esporsi alla luce naturale del sole. “Esporsi al sole equivale a bersi alla goccia un’intera tazza di caffè”, dice la Figueiro.
Guardare direttamente o di riflesso la fonte luminosa, lasciare che la luce colpisca le nostre retine affatica il nostro occhio. Bisogna quindi distoglierlo dal bagliore bluastro e brillante di luci al neon e display, guardare lontano dalle fonti luminose, meglio se in condizioni di luminosità naturale. Chi dovesse già aver bisogno di occhiali da vista, deve assicurarsi che la gradazione delle lenti sia coerente alle diottrie che ha perso e che lo schermo su cui lavora sia pulito.
LA CONTINUA RICERCA DEL RISTORO
Diversamente da quanto accadeva per l’ergonomia negli uffici tradizionali, il nuovo manuale delle prescrizioni assomiglia più a un libro di arte che non di scienza, poiché l’oggetto di studio è costantemente rimesso in discussione e reinterpretato, aggiornato, è fluido, ricco di variabili e alternative, soluzioni diverse per le stesse tecnologie. Quindi è difficile trovare una risposta immediata a qualsiasi condizione di lavoro, specialmente se si prendono in considerazione i nuovi ambienti di lavoro “mobile”. Aeroporti. Coffee Shop. Il divano di casa. La biblioteca comunale. Il tavolo della cucina. Sono tutti luoghi ormai pienamente alternativi alla scrivania dell’ufficio. Ma ciascuno di questi presenta malizie e insidie per la salute che vanno analizzate nella loro specificità.
Se si lavora da casa, può essere piacevole uscire e continuare a svolgere la propria attività dalla propria caffetteria preferita. Uscire di casa, interagire con altre persone, sono attività importantissime per rigenerarsi e spezzare le ore di concentrazione e impegno profuse nel lavoro. Molti locali, però, non sono progettati perché ci si possa lavorare in condizioni ergonomiche ottimali. È importante, quindi, tenere presente tutto ciò che è opportuno mettere in pratica quando si lavora da casa o dall’ufficio: sostegni per i dispositivi mobili, mouse e tastiere esterne, una postura sulla sedia che sia eretta e consona a sostenere lunghe ore di lavoro. Allo stesso modo, la sera può essere una vera tentazione quella di stendersi sul divano con il proprio portatile o tablet per controllare un’ultima volta la casella di posta elettronica o rileggere un paio di documenti redatti durante il giorno, mentre in tv trasmettono il nostro show preferito e siamo con le nostre famiglie. Il divano è un vero disastro ergonomico per lavorare. Non è una postazione di lavoro consona, anche se con alcuni piccoli accorgimenti può rivelarsi comunque confortevole per periodi brevi di lavoro senza comunque danneggiare la nostra salute. Per le molte persone che lavorano in trasferta, automobili e aerei stanno diventando due luoghi di lavoro abituali. Il progresso nella comunicazione mobile e nella tecnologia portatile sta lentamente trasformando i nostri viaggi in momenti di lavoro, e le nostre auto in veri e propri uffici su ruote, attrezzati di tutto il necessario per svolgere le proprie attività. Ma se da un lato utilizzare il proprio veicolo come ufficio può avere dei vantaggi – si basti pensare alla mobilità e alla possibilità di sfruttare i momenti di trasferta per assolvere alcuni oneri -, le automobili (così come gli aerei e le sale d’attesa di aeroporti e treni) sono ambienti che incoraggiano l’assunzione di posture assurde e dannose, poiché non sono stati progettati per accogliere workstation ergonomiche.
È, di conseguenza, opportuno prestare attenzione all’ambiente in cui si è immersi per poter applicare quelle piccole, ma importanti migliorie che possono aiutarci a renderlo uno spazio di lavoro più sicuro. Per il lavoratore “mobile” è opportuno essere provvisto di congegni che consentano di posizionare correttamente i propri tools di lavoro anche sui mezzi di trasporto e altri accessori per evitare problemi quali la stanchezza degli occhi, dolori alla schiena e rigidità dei polsi. Possiamo grossomodo dire che l’equipaggiamento necessario consiste in: tastiera e monitor esterni, borsa per il trasporto. Fondamentale per l’immissione di dati, la tastiera deve inclinarsi per consentire ai polsi di assumere una posizione più naturale e fornire sollievo durante la digitazione. Qualora si stesse lavorando su un computer portatile “monoblocco” (integrato e senza la possibilità di separare tastiera e monitor) l’intero laptop deve essere reclinabile, in modo da consentire all’utente di posizionarlo nell’inclinazione ideale. Il monitor deve essere posizionato in maniera da non stressare il collo. Gli schermi più luminosi sono quelli più consigliabili, ma l’utente deve ricordarsi di diminuire la luminosità dello schermo in situazioni di buio o penombra.
La tastiera esterna è sempre una buona soluzione, quando lo spazio lo consente. Essere stipati nell’abitacolo di una macchina con una tastiera sulle gambe non è una buona idea, ad esempio, poiché in caso di incidente l’accessorio si trasformerebbe in un vero proiettile.
E non bisogna nemmeno dimenticarsi il confort: un buon contenitore per trasportare il dispositivo può rivelarsi utile per molteplici ragioni. Può essere provvisto di porta bicchieri, oppure fungere da superficie piana sulla quale appoggiarsi per scrivere. I datori di lavoro non dovrebbero sottovalutare l’impatto che questi strumenti hanno sulla comodità e la soddisfazione dei lavoratori.
MUOVERSI, FARE STRETCHING, BERE ACQUA: PRENDERSI CURA DEL PROPRIO CORPO
Per rendere una postazione di lavoro – ovunque essa sia – ancora più ergonomica, è fondamentale ritagliarsi alcuni minuti durante la giornata lavorativa per muoversi, fare stretching, bere acqua. In generale, per prendersi cura di sé. Un buon consiglio è quello di stilare in anticipo un buon piano di nutrizione e fitness. È importante sviluppare una consapevolezza del proprio corpo.
Mentre si pratica lo stretching o alla fine della giornata di lavoro è buona prassi chiedersi come si sente il nostro corpo. I polsi fanno male? Come sta la schiena? Una veloce autovalutazione può dirti quali e quanti aggiustamenti alla postazione di lavoro possono aiutarci o se necessitiamo di più pause durante la giornata.
Prendersi cura del proprio corpo significa avere più possibilità di non contrarre patologie e non accusare dolori e fastidi, essere quindi più felici e sani. Il Dott. Levine afferma che “Sedersi dovrebbe essere una postura scelta, e non imposta. Il che non significa che bisogna fermare il lavoro per andare a farsi una passeggiata, ma che bisognerebbe lavorare mentre si è in movimento.” Al posto delle scrivanie – anche di quelle “in piedi” – Levine raccomanda le treadmills-desk (scrivanie tapis roulant), provviste di una pedana simile a quelle che si possono trovare nelle normali palestre per camminare qualche minuto al giorno. Un’ottima idea è quella di dotare le postazioni di telefoni cordless, in maniera tale da poter consentire di muoversi mentre si parla. Gli impiegati potrebbero addirittura programmare le telefonate nell’agenda, colorando in verde questi momenti per poter comprendere quanto è green la loro settimana.
Un altro buon consiglio è quello di organizzare i party aziendali e i momenti di socializzazione in ambienti che non incoraggino ulteriori ore in posizione seduta (come succede nei ristoranti). Sono ormai molti i luoghi di interesse che mettono a disposizione i propri spazi per organizzare ritrovi e feste private: gallerie d’arte e musei, beni culturali, parchi e sedi pubbliche. E invece di premiare i propri dipendenti con biglietti del cinema e del teatro, la direzione dovrebbe introdurre in azienda figure come un massaggiatore o istruttori di fitness e yoga. Prendere in considerazione la salute dei propri dipendenti e porsi degli obiettivi di benessere e salute può lanciare le aziende sul mercato. “Prendi le scale, cammina per andare a bere. Lascia la bottiglia dell’acqua a qualche passo dalla tua postazione, così da doverti alzare per forza. Cambia le tue abitudini e scoprirai di quanta energia latente il tuo corpo è pieno.” Questo è il mantra della Vernikos.
Per concludere, Hedge sottolinea che gli impiegati dovrebbero tutti essere consapevoli di un caposaldo che spesso viene ignorato o bypassato, perché sembrerebbe andare in controtendenza rispetto al concetto stessO di “lavorare”: la postazione di lavoro di ogni impiegato deve essere comoda, ma comoda per lui. “Essere comodi è il primo requisito. Se dovessi intuire qualsiasi segnale di scomodità cambia subito quello che stai facendo. Non pensare che siccome si tratta di lavoro, si suppone sia stancante e scomodo.” E se dovesse fare male, meglio inventarsi qualcosa di nuovo.