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IL DOPO JOBS ACT, COSA SARA' DELLA SICUREZZA IN ITALIA
2015-03-23

IL DOPO JOBS ACT, COSA SARA' DELLA SICUREZZA IN ITALIA

Abbiamo provato a domandarci cosa cambierĂ  nel sistema SSL nel prossimo futuro, tra aggiornamenti normativi e nuovi Istituti Nazionali

"A pochi mesi dall’entrata in vigore del Jobs Act proviamo a immaginare gli scenari futuri della sicurezza sul lavoro nel nostro Paese. Tra delega al Governo e Agenzie Nazionali, l’obiettivo principe sembra essere la “semplificazione” del sistema sicurezza. Ma in Italia la semplificazione rischia spesso di affossare l’esaustività delle attività di vigilanza e le misure di sensibilizzazione."

Lo scorso 16 dicembre è entrata ufficialmente in vigore la Legge n. 183/2014, più nota come Jobs Act, il testo che racchiude le modifiche apportate al sistema-lavoro in Italia. Non tutti sanno che all’interno della stesse Legge è prevista una delega al Governo per l’amministrazione del tema collaterale della Salute e Sicurezza sul Lavoro.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore del Jobs Act il Governo ha il potere di emanare Decreti Legislativi contenenti semplificazioni e razionalizzazioni – come recita l’art. 1, c. 5 della Legge stessa. Una scelta che ha animato non poche perplessità tra gli esperti del settore, dal momento che potrebbe comportare numerose modifiche legislative, complicando ulteriormente il complesso delle norme che già sovrintendono la sicurezza in Italia.

Una perplessità apparentemente infondata, poiché il Testo Unico, la legge di riferimento dell’igiene e della sicurezza sul lavoro, è una derivazione delle Direttive Comunitarie Europee, che per definizione potranno essere difficilmente stravolte, ma che d’altro canto si accumulano a un già stratificato gruppo di altre norme di difficile interpretazione e applicate diversamente nelle regioni, che rendono ardui i rapporti tra Stato centrale e periferia.

Un riassetto e uno snellimento delle disposizioni vigenti, fatta capo la garanzia dell’inviolabilità dei livelli di tutela dei lavoratori, è quindi auspicabile e porterebbe numerosi vantaggi, come una più omogenea applicazione delle leggi da parte delle regioni, le cui competenze sono spesso incerte e mal gestite.

Proprio la questione delle competenze ripartite tra Stato e regioni è un tema che il Consiglio dei Ministri prevede di discutere a breve, anche se la legge elettorale e la riforma istituzionale continuano a posticipare una serie infinita di tavoli di discussione. Possiamo però immaginare, anche attraverso ciò che è trapelato dalle dichiarazioni del Governo e dei rappresentanti sindacali, quelle che saranno le prospettive future per quel che riguarda la distribuzione dei poteri legislativi ed esecutivi tra lo Stato e le regioni in materia di Sicurezza e Salute sul Lavoro.

Che sia necessario un mutamento dell’assetto istituzionale nella coordinazione del Sistema Salute e Sicurezza sul Lavoro è evidente, a partire proprio da un cambiamento delle competenze legislative e da una modifica della titolarità della vigilanza. Interessante a tal proposito è la proposta avanzata dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta più di un anno fa – e approvata dal Senato il 15 gennaio 2013 – di istituire una Agenzia Nazionale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro. Un’idea che è stata recentemente rievocata dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Poletti e che probabilmente sarà realtà già da gennaio 2016.

L’intenzione non è togliere i poteri alle regioni, ma ripristinare le condizioni di esercizio di effettivo potere di indirizzo e programmazione in modo che sia univoco su tutto il territorio nazionale e che garantisca livelli di tutela della sicurezza identici nelle diverse regioni. Le competenze operative continueranno necessariamente a essere esplicate a livello locale (regioni e province autonome) per il principio costituzionale di sussidiarietà. Ma è fondamentale prevenire i rischi di eccessiva dispersione e disomogeneità. È proprio a causa di queste problematiche che il Comitato per l’Indirizzo e la Valutazione delle Politiche Attive e per il Coordinamento Nazionale dell’Attività di Vigilanza (T.U., art. 5) non è riuscito a espletare a pieno le sue funzioni. Per questo sembra molto plausibile l’istituzione di un’Agenzia Nazionale, e anche per gli obiettivi di semplificazione.

Un’Agenzia Nazionale rappresenterebbe un riferimento unico e porterebbe all’eliminazione di atti disomogenei. Insieme a questo, sarebbe altrettanto utile collocare la Salute e la Sicurezza sul Lavoro nell’Ordinamento Civile, che è di competenza esclusiva dello Stato. Dal momento che le disposizioni vigenti sono attuative dell’obbligo generale di tutela “Massima sicurezza tecnologicamente possibile” espresso dall’art. 2087 del codice civile, Salute e Sicurezza sul lavoro sono già di fatto oggetto di obbligazione contrattuale del datore di lavoro al quale fa riscontro il diritto del lavoratore. Inoltre, igiene e sicurezza sul lavoro riguardano rapporti intersoggettivi e sono sottoposte a sanzionamento penale, considerazioni queste che incoraggiano ulteriormente una centralizzazione del potere. A tal proposito vale la pena citare anche una sentenza della Corte di Cassazione (n. 359/2003) la quale afferma che laddove c’è assenza di legislazione alle regioni è precluso intervenire attuando norme che incidono sul terreno dei principi fondamentali.

Questo ente nazionale non dovrebbe però ritenersi risolutivo di tutte le questioni ambigue che affollano la sicurezza in Italia. Il calo degli infortuni e dei morti sul lavoro non riducono l’urgenza di istituire in tempi brevi anche un Sistema Informativo Nazionale della Prevenzione, che incoraggi l’applicazione delle normative vigenti in maniera uniforme a tutti i settori produttivi – uno strumento che è fortemente dipendente da una condizione di coordinamento e sinergie tra Stato, regioni e enti preposti alla vigilanza e alla tutela della Salute e della Sicurezza sul Lavoro.

All’approvazione delle letture terza e quarta delle modifiche alla Carta Costituzionale, le quali dovrebbero avvenire entro un anno, tutte le leggi, i decreti e i decreti legislativi contenenti rimandi agli Accordi Stato Regioni saranno di fatto superati e, successivamente all’entrata in vigore delle nuove leggi che li sostituiranno, abrogati. Prima, però, si presenterà una parentesi di tempo durante la quale queste nuove leggi non saranno ancora state redatte, ma i vecchi Accordi già non saranno più ritenuti validi costituzionalmente, e comunque continueranno ad essere applicati, poiché senza di questi si creerebbe un vuoto normativo spaventosamente lacunoso.

Ma cosa possiamo fare, quindi nell’immediato?
Ad oltre 5 anni dall’introduzione del Decreto Legislativo 81/08 potremmo amplificare il dibattito culturale per partecipare realmente al cambiamento e contribuire alla modifica di alcuni dei più importanti temi relativi alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Potremmo sfruttare l’esperienza accumulata per proporre e attuare miglioramenti e modifiche che semplifichino il lavoro degli operatori di settore, il sistema della vigilanza e la cooperazione tra tutti i soggetti e che, contemporaneamente, stimoli una maggiore omogeneità nell’applicazione delle norme tra i diversi settori merceologici.
La crisi ha infatti colpito alcuni dei settori più esposti a rischi – edilizia e agricoltura – i cui imprenditori, soprattutto a causa di un’arretratezza culturale generalizzata nel nostro paese, cedono alla tentazione di tagliare i costi partendo da quelli per la sicurezza, ritenuti superflui.

Si sente forte, quindi, l’esigenza di misure di sensibilizzazione e propaganda oltre che di razionalizzazione che vadano a colmare le enormi lacune culturali che in Italia ancora sono significative in materia di safety.

Ad oggi il Governo non ha ancora fatto valere il proprio diritto di delega, posticipando decisioni e riordini a data da destinarsi e lasciando le regioni invischiate nell’onere di districarsi nell’interpretazione di quanto scritto all’interno del Jobs Act. Il rischio è che le questioni relative a Sicurezza e Salute sul lavoro si complichino ulteriormente nell’attesa dei necessari chiarimenti. E di un’Agenzia di Vigilanza e Programmazione unica, univoca e nazionale.

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