La Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali, organo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha emesso una circolare di chiarimento in merito all’utilizzo, durante l’esecuzione dei lavori in quota, dei dispositivi di ancoraggio a cui vengono collegati i sottosistemi per la protezione dalle cadute dall’alto.
La circolare si concentra sulla distinzione tra i dispositivi di ancoraggio non permanenti e quelli invece permanenti, specificando che se i primi rientrano a tutti gli effetti nella classificazione dei Dispositivi di Protezione Individuale, i sistemi di ancoraggio permanenti non possono essere considerati tali.
Gli ancoraggi non permanenti, ovvero quelli portati in loco e messi in opera dal lavoratore, che ha anche il compito di rimuoverli alla fine delle attività, hanno a tutti gli effetti il compito di salvaguardare il lavoratore dai rischi per la salute e la sicurezza. Ricordiamo infatti che il D.Lgs. 81/08, all’art. 74, definisce DPI “qualsiasi attrezzatura destinata a essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi.” Un concetto ribadito anche dal D.Lgs. 475/1992, all’art. 1, ovvero la norma di riferimento alla quale i DPI devono essere conformi.
Gli ancoraggi permanenti, invece, in quanto fissi e non trasportabili, non rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 475/92, pertanto non devono riportare la marcatura CE dell’Unione Europea come tutti i DPI. Per questi motivi, i dispositivi di ancoraggio destinati a essere installati in maniera permanente sono da considerare prodotti da costruzione e come tali rientrano nel campo di applicazione del regolamento UE 305/2011 che fissa le condizioni per la commercializzazione dei prodotti da costruzione.